Una icona delle langhe: il luogo che fu di Cesare di Albaretto Torre

Talvolta il valore di un immobile coinvolge fattori che trascendono l’aspetto puramente economico e materiale.

Questo è un caso emblematico.
Stiamo parlando del luogo (chiamarlo casa o ristorante suona riduttivo) di Cesare di Albaretto, cuoco e artista, ruvido e sublime, personaggio totalmente fuori dagli schemi, che ha creato e seguito i propri. Chef/star molto prima della odierna ribalta mediatica. Maestro con i fornelli e con i pennelli.
Durante gli anni difficili ha contribuito più di tanti altri a rendere grandi le Langhe, realizzando in questa terra un piccolo/grande “sogno americano”.
Questo è diventato un luogo iconico, legato indissolubilmente al territorio delle Langhe, rappresentando l’Eccellenza enogastronomica con la “E” maiuscola, che ha contribuito a fare di queste colline un luogo riconosciuto come una delle capitali mondiali del buon cibo e del buon vino.
Meta imprescindibile di personaggi, tanti famosi, che sono transitati tra queste colline.
La casa è disposta su tre livelli.
Al piano rialzato la cucina, (in questo caso merita il posto in cima alla lista), la sala ristorante, intima, con il camino dove Cesare arrostiva i suoi celebri capretti, e il suo appartamento privato, composto da soggiorno, cucina, tre camere e bagno.
Al piano seminterrato, un’altra sala del ristorante, il bar, l’enoteca che ha custodito vini immensi, i servizi, una dispensa, cantina e il locale dove Cesare faceva maturare il suo grandioso Aceto di Barolo.
Tutto qui parla ancora di lui. Nulla è stato toccato.
Al primo piano un appartamento mansardato, che è stato completamente e finemente ristrutturato, composto da un grande e luminoso ambiente cucina/soggiorno, due camere, due bagni, tre panoramici balconi, lavanderia e ripostiglio.
Assieme al fabbricato, viene posto in vendita anche un lotto di circa 9000 mq di terreno, in parte edificabile.
Il valore simbolico di questo oggetto non lo rende certamente adatto a tutti, ma solo a chi sarà in grado di raccoglierne ed interpretarne degnamente, con intelligenza, fantasia ed umiltà, l’eredità morale, ma anche l’ingombrante presenza, del genio che l’ha posseduto.